ZOLTÁN KODÁLY (1882 -1967) MUSICISTA UNGHERESE, COMPOSITORE ED ILLUSTRE DIDATTA.
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di Ettore Mosciàno
Se lo spirito spagnolo ha avuto il suo più valido cantore in Manuel de Falla, l’Ungheria ha la sua anima, continuamente fluttuante, tra le note di Kodály. Tra le altre cose, è risaputo che i due musicisti compositori, lo spagnolo e l’ungherese, frequentarono pittori impressionisti e musicisti francesi, più o meno nello stesso periodo, a Parigi, tra il 1906-1907. Molto colore e romanticismo, giuochi di luci ed atmosfere, come per gli impressionisti, si ritrovano anche nelle opere musicali di de Falla e Kodály.
Zoltán Kodály fu gran maestro educatore e compositore ed etnomusicologo.
Nato a Kecskemét, in Ungheria, nel 1882, ha trascorso la sua infanzia nella cittadina di Galánta e a Nagyszombat (Slovacchia). Da bambino ha studiato violino. Cantava nel coro della cattedrale della sua città.
Suo padre era un musicista dilettante. A 18 anni entrò all’Università di Budapest per studiare lingue e letterature moderne. Nello stesso tempo iniziò gli studi musicali all’Accademia Franz Liszt nella stessa città, sotto la guida di Hans Koessler per la composizione.
Dal 1905 visitò i villaggi più lontani e sperduti per raccogliere informazioni sui canti popolari dei vari paesi d’Ungheria e delle zone limitrofe. Nel 1906 preparò la sua tesi su “Costrutto strofico nei canti popolari ungheresi”. Fu in questo periodo che conobbe l’altro compositore ungherese, Bela Bartók. Amici di grande intesa professionale, Kodály e Bartók pubblicarono numerose collezioni di musica popolare e produssero in proprio molte scritture, sostanzialmente imbevute di quelle notazioni musicali rielaborate.
Dopo la laurea in filosofia e linguistica, Kodaly andò a Parigi per studiare con Charles Marie Widor. In questo periodo, 1906-1907, conobbe la musica di Claude Debussy e di Musorgskij, e frequentò gli impressionisti. Nel 1907 rientrò a Budapest per assumere l’incarico di professore nella locale Accademia di Musica.
E’ dallo “zingarismo” di Liszt (1811-1886), l’altro loro illustre connazionale ungherese, che prendono inizio gli studi di etnomusicologia di Kodaly e Bartok. Liszt aveva scritto e pubblicato “Sugli zingari e la loro musica”, “Rapsodie ungheresi” per pianoforte, il poema sinfonico “Hungaria”. Ciò che per Liszt era musica gipsy ungherese si rivelò, ad un più attento esame dei nuovi studiosi, scritture di mani esperte e acculturate. Musiche poi contaminate da zingari ungheresi, con alterazioni di comodo per rendere le melodie e i ritmi più gradevoli alle orecchie “straniere”.
Nel viaggiare e indagare, Kodaly e Bartok, come riflesso delle dottrine romantiche diffuse in Europa dai maestri dell’Ottocento, hanno riportato i loro studi e le loro ricerche alle primitive purezze musicali del folclore nazionale, quelle magiare e non proprio zingaresche.
Bela Bartok, oltre al folclore musicale della sua terra, estese le sue ricerche anche alle musiche della tradizione rumena, slovacca, bulgara e dalmata.
Zoltan Kodaly e Bela Bartok (in piedi).
Danze ungheresi furono trascritte con accomodamenti e variazioni dal folk popolare, senza snaturarle, anche dal tedesco Johannes Brhams (1833-1897). Le "Danze ungheresi" di Brahms sono 21, originariamentye per piano e, molte di esse, poi, arrangiate per orchestra. Ulteriore esempio di un interesse che già aveva avuto precedenti anche in altri due : l'austriaco Franz Schubert (1797-1828, "Divertissement a la hongroise") che ha sostato e lavorato a lungo in Ungheria presso il conte Esterhazy, e l'altro tedesco Carl Maria von Weber (1786-1826, "Andante e Rondò ongarese").
Nella seconda metà dell’Ottocento, comunque, tanti musicisti compositori europei hanno seguito l’orientamento indicato da Liszt (Glinka e seguaci in Russia, Smetana e Dvorak in Boemia, Niels Gade e Grieg in Scandinavia). A Liszt resta il merito di una energia contaminante per questo settore del folclore musicale nazionale, oltre naturalmente alla grandezza geniale e prolifica della sua mente, al merito per la sua ampia attività concertistica e per il lascito delle numerose scritture.
Kodaly (a sinistra) e Bartok (a destra) entrambi seduti, con amici.
Lo spirito ungherese è presente in maniera egualmente evidente, in Kodaly, sia nelle cantate e sia nella partiture per strumentazione e, per questa ragione, la sua musica è stata accolta con favore e comprensione sia in Ungheria sia all’estero.
L’opera “The Peacock” (“Il Pavone”)
“The Peacock”, uno dei lavori più apprezzati, è una serie di variazioni musicali su un tema di una canzone popolare ungherese. Queste variazioni orchestrali furono scritte per il 50° anniversario della Fondazione della Concertgebouw Orchestra di Amsterdam ed eseguite per la prima volta nel 1939, con grande successo.
La melodia di “The Peacock” oltre ai richiami della musica popolare ungherese porta anche echi di motivi popolari asiatici. L’opera prende spunto dal testo del poeta Endre Ady, il quale aveva usato il pavone come simbolo di libertà nazionale. Kodaly compose una messa in scena per un coro maschile del testo di Ady. Due anni più tardi riprese questo lavoro per farne una composizione per orchestra. Di quest’opera, Kodaly ha detto: “Per comprenderla, non è necessaria una conoscenza musicale. Ma dobbiamo sapere della sua nascita come canzone popolare, della sua “crescita” come fiore nel deserto. Le variazioni sono i più naturali sviluppi della musica folk, serie di melodie che si sviluppano una dall’altra, senza fine, con cambiamenti di passaggi che non si notano. E’ un peccato che i nostri compositori non scrivano più spesso variazioni su canzoni folk…Non possiamo sapere o comprendere completamente la storia di un periodo senza conoscere la sua musica…Perciò vi è una legge nel regno delle umane emozioni, che solo la musica può esprimere, e nient’altro”.
Solo quando conosciamo il punto di vista di Kodaly sulla musica, noi possiamo comprendere le sue intenzioni nelle composizioni delle “Danze di Galanta” e delle “Danze di Marosszek”.
La suite “Háry János”
Kodaly scrisse poco per la scena. Il suo singspiel “Háry János” (canto recitato), più compiutamente conosciuto nella versione orchestrale, tratta di un vecchio soldato, Háry János appunto, esuberante e fantasioso, che con la sua vivida immaginazione non distingue tra realtà e fantasia; in ciò consiste la sua esaltazione sulla scena nel “recitar cantando” un’artefatta sconfitta di Napoleone e delle armate francesi. “Hary Janos” è personaggio dei racconti popolari ungheresi, un ostinato fanfarone molto simpatico che, seduto in una osteria, chiama persone ad ascoltare le sue avventure, tra cui quella della battaglia contro Napoleone, le avventure amorose con l’imperatrice Maria Luisa, i generosi onori a lui conferiti in qualità di nuovo gradito imperatore.
Lo spunto della suite viene da una canzone popolare. Kodaly fece di essa prima una composizione per sola viola e poi un arrangiamento per orchestra. L’opera risulta molto suggestiva e divertente, da vedere ed ascoltare.
La musica, come la storia, è essenzialmente ungherese, con una introduzione che porta ai movimentati schiamazzi di una fiera. Gravi ed ariose, lente note, che vanno ampliandosi ed intrecciandosi fino al serrato ritmo che apre alla scena della fiera movimentata dai popolani; poi uno stacco-intervallo con il suono delle festose campane (sono simili a quelle dell’orologio della Cattedrale di Vienna, con le figure dei soldati in movimento che marcano le ore).
L'orologio della Cattedrale di Vienna di cui ascoltiamo i suoni nella suite "Hary Janos" di Kodaly.
La canzone del terzo movimento della suite è un duetto sentimentale tra Janos ed il suo primo amore, Orzse: una delicata armonia di note con il suono “ondulato” del cimbalom (strumento a percussione, e a corde, tipicamente ungherese, simile alla cetra, di forma trapezoidale con gambe come quelle di un tavolo, usato ancora dai gitani nelle loro musiche). Segue la musica che vuol rappresentare beffardamente la Marsigliese e Napoleone durante la fuga raccontata da Janos, fino alla solennità della marcia funebre evidenziata da un malinconico sassofono; quindi i festeggiamenti nella “palazzo imperiale” per il “nuovo imperatore” Hary Janos. L’entrata dell’imperatore con la corte è il punto culminante della carriera di un eroe. Una vivace marcia introduce la Guardia Reale e Janos imperatore con la sua corte. L’opera sul popolano Janos che diventa imperatore, oltre a suscitare molto divertimento e simpatia per il personaggio e per le scene, è costruita sapientemente e brillantemente dal punto di vista musicale, per la complessa e ricca strumentazione, il colore dei timbri ed i motivi più divertenti spesso ripetuti e richiamati. Straordinarie e magistrali doti di Kodály che ci riportano a quel mondo surreale, fantasioso e colorato, della pittura di Chagall, quella del “carro che vola sopra la città” e del ”violinista sul tetto”.
In aggiunta alla suite orchestrale di “Hary Janos” ed alle variazioni sul tema di “Peacock” (“Il Pavone”), anche tutta la musica delle “Danze di Galanta” e delle “Danze di Marossézk” derivano da materiale musicale folk-popolare.
Le “Danze di Galanta”
Le melodie delle “Danze di Galanta” (prima esecuzione 23 ottobre 1933) furono composte per l’80° anniversario della formazione della Budapest Philharmonic Society. Tali riferimenti melodici furono presi dalla collezione in 4 volumi delle “Originelle ungariche Nationaltänze” e dall’album “Ausgesuchte Zigeuners au Galantha” (“Selected Hungarian National Dance of varius Gypsies from Galanta”).
La copertina di un 33 giri per le musiche di Kodaly, etichetta Hungaroton distribuito in Italia dalla Carish.
Un disco con musiche gypsy che include le "Danze di Galanta"
Le ricerche di Erwin Major hanno stabilito che alla fine del 18° secolo i gitani di Galanta non avevano mai suonato senza scrittura musicale e che essi, non solo suonavano musica ballabile (come le “verbunkos” o cantate”), ma si esibivano con orchestre di un certo rango. La loro fama andrà affievolendosi agli inizi del 19° secolo. La gloriosa memoria della loro età d’oro è stata fornita da un cronista fedele dell’epoca in una gazzetta del 1851, in cui si dice “Galanta…i gypsies di questa terra sono famosi musicisti”. Nella prefazione alla scrittura musicale delle "Danze di Galanta"appare chiaro, Zoltán Kodály voleva continuare la vecchia tradizione musicale. Egli dice: “I migliori intellettuali d’Ungheria presero coscienza quasi contemporaneamente che essi avevano la stessa responsabilità per il passato, come per il futuro, e che le ereditate melodie davano loro forti legami con le antiche tradizioni e i più importanti interrogativi, con stimolante energia, per il loro e nostro futuro destino. Coniugare il passato e il presente non era un sogno passivo…era un’attiva compensazione di scritture e professione, vocazione, su ciò che poteva morire”.
Nelle “Danze di Galanta” Kodály dipinge un affresco dell’Ungheria dell’800, mentre nelle “Danze di Marosszék porta indietro l’ascoltatore al secolo 17°.
Le “Danze di Galanta” furono scritte originariamente per piano. Per la versione orchestrale Kodály adattò la partitura, più facilitata, ad un miglior suono per gli strumenti ad arco (passando dal DO diesis minore al DO diesis maggiore, RE minore al RE maggiore).
A Galanta, Kodály trascorse diversi anni della sua infanzia, e qui conobbe – nell’esecuzione di un’orchestra gitana – un patrimonio di danze vecchio di qualche centinaia d’anni.
La composizione si articola in cinque danze che si succedono in un crescendo costante, con una introduzione ed una conclusione. Vi è una grande varietà di colori orchestrali e di ritmi di danza, aperture ampie ed arie di grande sinfonia coinvolgente. Il tema della prima danza è riproposto di tanto in tanto per collegare le varie parti e dare unità all’intera partitura.
Le “Danze di Marosszék”
La melodia principale delle “Danze di Marosszék” fu pubblicata nella sua variante strumentale, proveniente da una canzone folk, nell’articolo “Hungarian Folk Music”, come contributo al “Musical Dictionary” del 1930. Kodály scrisse che la melodia proveniva da Gyergyóromete (altre melodie usate non erano – lui disse – dei paesi Maros-Jorda ma della Bukovina e di Gyergyó).
La composizione fu eseguita per la prima volta nel 1930 e, come per le “Danze di Galanta”, forniva un giro di pezzi di varie melodie incorporate e arrangiate, con introduzione, sintesi di melodie armonizzate tanto da “resuscitare” l’anima vivente e il respiro vitale e ritmico del popolo ungherese.
“Il passato, significativamente per Zoltán Kodály, non è un romantico e nostalgico sogno di una vita dimenticata, ma un programma modellato in una vita che mette-fissa-dispone-regola un obiettivo, accende fiaccole nella nebbia e risveglia suoni. Nessun poeta può fare di più per il suo popolo, nessun uomo dare di più all’umanità delle cose che vivono e sono portate alla fruizione nell’arte nuova” – disse Bence Szabolcsi nel 1926.
Musica vocale e corale, esercizi
Una copertina per le musiche di Kodaly e del Coro maschile Bela Bartok di Pecs.
Kodály ha scritto molto per la musica vocale e corale, soprattutto come elementi essenziali per una generale educazione musicale. Egli ebbe i suoi più grandi successi molto presto con il “Psalmus hungaricus” del 1923 e con il “Te Deum” del 1936, con il quale si celebrò il 250° anniversario della riconquista di Buda, liberata dai Truchi.
L'autografo del "Psalmus hungaricus"
Una copertina per la "Missa brevis"
La “Missa brevis” fu scritta durante gli ultimi anni della guerra 1939-45. Un’azione della “Missa brevis”, quella tra Gesù e i mercanti, ha avuto sempre un grande positivo riscontro di pubblico.
La pedagogia musicale di Kodály
La pedagogia musicale di Kodály ha investito l’istruzione a tutti i livelli scolastici, dall’asilo all’università, rinnovando, attraverso scritti di musica corale, esercizi, lezioni e tenendo corsi per moltissimi docenti, rimasti validi suoi sostenitori e continuatori dei suoi concetti d’insegnamento. Non un vero e proprio metodo, ma una copiosa messe di articoli, conferenze, lezioni, esercizi che hanno fatto in modo che si realizzasse una “filosofia” kodályana che seguisse itinerari fondamentali pedagogici. come quella che “la musica per essere un bene comune deve essere accessibile a tutti, non può essere un bene elitario e rimanere relegata in una torre d’avorio”. “L’educazione alla musica deve iniziare molto presto (già nel grembo materno) perché il gusto e le abilità sono maggiormente influenzabili in età infantile”. “Importante è la scelta del materiale musicale da utilizzare nell’insegnamento”. “Ritmi adatti all’età e melodie rioprese dalla musica popolare di alto livello artistico”. “Coinvolgere nell’educazione musicale il maggior numero di persone con l’unico mezzo possibile ed attivo che è quello del canto corale, che ha come strumento d’approccio la voce, che tutti possiedono”. “Prima di creare strumentisti è opportuno creare coristi”. “Una cultura strumentale non può diventare cultura di massa”. “La voce è lo strumento più naturale ed accessibile a tutti; essa permette di vivere in modo creativo l’esperienza musicale, sviluppare l’orecchio, l’organo più trascurato nell’insegnamento scolastico. Con la voce l’uomo si mette in relazione con gli altri e con il canto, quale manifestazione particolare, egli ha un processo di adattamento e socializzazione, sviluppa il buon utilizzo espressivo e matura la sua emotività naturale”.
Statua di Kodaly
* Le brevi citazioni virgolettate, e sopra appena riportate e sintetizzate, sono state prese da “Appunti del corso Kodály's Pedagogical Philosophy" tenuto dalla Prof.ssa Éva Vendrei durante il corso annuale in Pedagogia musicale, Anno Accademico 2002-2003, presso l'Istituto di Pedagogia musicale Zoltán Kodály (Kecskemét, Ungheria).
* Kodály ha scritto una vasta serie di esercizi di difficoltà progressiva e di alto livello artistico. Alcuni sono stati pubblicati in Italia dalla casa editrice Carish, per gli altri si indicano la casa editrice ungherese (Editio Musica Budapest) e quella inglese (Boosey& Hawkes), come da informazioni dell’Associazione Italiana Kodaly di Firenze.
* Nella nuova edizione a cura di Giusi Barbieri, Uni Service Editrice, un libro fondamentale: “La pedagogia della musica secondo Zoltán Kodály” di Giovanni Mangione. pgg. 87, 11 euro .
(vedi in: http://www.uni-service.it/la-pedagogia-della-musica-secondo-zoltan-kodaly.html)
Il libro di Giovanni Mangione
Il libro illustra in modo chiaro e operativo i primi passi per l'apprendimento della musica secondo il concetto Kodály. Seguendo la programmazione proposta, l’insegnante guiderà il bambino ad acquisire in modo naturale i primi elementi del linguaggio musicale e ad utilizzarli in modo creativo.
*Giovanni Mangione, autore del testo sopra citato, è stato fondatore in Italia, nel 1975, del Centro Studi Musicali secondo Zoltán Kodály dopo il suo rientro dai corsi di studi musicali ungheresi, per i quali aveva ottenuto dal Ministero degli Affari Esteri una borsa di studio. Nel 1990, dalla trasformazione del Centro di Studi Musicali Kodály è sorta l’AIKEM (Associazione Italiana Kodály per l’Educazione Musicale) che si trova a Firenze (vedi al sito internet: http://www.aikem.it/index.htm).
*L'AIKEM aderisce al Forum per l'Educazione Musicale coordinato dalla SIEM (Società Italiana per l'Educazione Musicale).
*Il IV° Seminario "La pedagogia della musica secondo Zoltán Kodály" e il "2° Corso di lettura musicale in solmisazione" si svolgeranno a Marina di Pietrasanta (LU) dal 24 al 29 agosto 2009.
*Altro materiale disponibile: la tesi di laurea “Zoltán Kodály e la voce ungherese” di Diana D'Alessio, Università degli Studi di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere, Anno Accademico 2003-2004.
Una strada di Galanta, in Slovacchia.
Due immagini del Castello neogotico di Galanta, in Slovacchia.
La Chiesa di Santo Stefano di Galanta.
Una fontana di Galanta.
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8 Comments:
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